Chimera. L’ultima collezione Cedit racconta la poetica di Elena Salmistraro e porta in scena nuove sensazioni visive e tattili Non poteva che nascere dall’estro creativo di Elena Salmistraro un progetto che prende il nome dalla Chimera, l’animale mitologico formato dall’innesto di corpi di animali diversi. Si tratta dell’ultima collezione di Cedit che ha chiamato la designer milanese a confrontarsi, attraverso il suo segno fortemente connotato, con lastre ceramiche di grande formato. È stata una bella sfida, racconta Elena Salmistraro che, abituata a lavorare a un livello più artigianale, ha declinato il proprio linguaggio a una produzione di tipo industriale. Con un risultato che ha stupito la stessa artista, riuscita nell’impresa di far sposare questi due mondi, e portando sul mercato un qualcosa di nuovo e sperimentale. In questo lavoro c’è tutta la poetica di Elena Salmistraro “è un lavoro introspettivo, parla della mia vita, di come sono io, di come io disegno.” Dall’alto verso il basso i decori: Colore, Radici, Empatia, Ritmo Chimera, infatti, è un vero racconto, o forse la possiamo più definire una storia a episodi, magari da leggere senza un ordine preciso, perché ciascun episodio è a sé, ma il cui senso più profondo e intimo lo si coglie alla fine, quando si arriva ad avere una visione totale, quando si uniscono tutti i puntini. È un libro che parla di empatia, ritmo, colore, radici che sono i quattro temi grafici della collezione Chimera. Empatia rappresenta le emozioni che vengono sollecitate: il materiale prescelto è il marmo, riscaldato da segni grafici e geometrie che rievocano il viso di un clown. Per il decoro Ritmo l’ispirazione arriva da due nomi del Bauhaus: Anni Albers e Gunta Stölzl, il materiale che ha scelto per questa serie è il tessuto del quale trama, ordito e il disegno a sviluppo lineare sono il ritmo. Colore è reso dal gesto più istintivo e primordiale per un artista, quello di sporcare il foglio bianco con macchie di colore: piccole macchie di colore isolate generate da un programma digitale parametrico, accostate alla densa presenza di sagome ripetute. Radici porta fuori il passato, l’elemento più primitivo che ritorna attraverso l’icona della maschera tribale, del segno semplice delle illustrazioni arcaiche. Il materiale prescelto è la pelle, il pattern è dato da un susseguirsi di triangoli e rettangoli. Questo loop di motivi grafici dal valore fortemente simbolico, insieme a un’innovativa tecnica di finitura della ceramica, hanno dato luogo a un vero processo alchemico che, oltre a donare al colore una luminosità del tutto nuova, ha generato sensazioni tattili di straordinario effetto, ottenute grazie alla tecnica 3D ad alta definizione, del tutto nuove rispetto a ciò che finora CEDIT aveva proposto sul mercato.